Non è una novità scoprire che tra i nostri parlamentari circolino molte sostanze; forse lo spaccio della religione oppio dei popoli ha superato la coca, in quantità non modica seppure di varia natura.
Infatti il dibattito sulla crisi di governo è sembrato, a tratti, una (ridicola? deprimente? patetica?) gara devozionale da oratorio: Salvini che bacia una pila di rosari e cita san GP2; Conte che, da credente, lo accusa di incoscienza religiosa; Matteo Renzi che, da credente egocentrato, cita un altro Matteo; Morra (5s) che, da credente dell’Antimafia, cita le affinità liturgiche salvinian-ndranghetiste; Salvini che, da spacciatore spacciato (forse), risponde riappellandosi al cuore immacolato di Maria.
Se riuscissimo a isolare il punto di vista della laicità, forse potremmo anche divertirci, concludendo che la situazione è grave ma non è seria.
Non è seria (ma è grave) perché tanto sfoggio di rosari e citazioni è così politicamente inconsistente da allontanare ulteriormente i cittadini dalle istituzioni; è così platealmente strumentale e di basso livello da preoccupare perfino la loro holding d’oltre Tevere.
Però, in realtà, i veri spacciati siamo noi, perché tutto ciò è anche indicativo dell’assenza di forze politiche dotate di un solido pensiero laico, per cui la dinamica tra reazionari e progressisti spesso si riduce al clericalismo stile destra Dc anni ’50 di Salvini, da una parte, o al paternalismo furbesco dell’altrettanto abile comunicatore Bergoglio, dall’altra.
Il caso di Genova è esemplare: lo Stato repubblicano è incapace di celebrare i morti del ponte crollato con una cerimonia laica anche nel primo anniversario. La gestione del dolore e del ricordo è stata di nuovo lasciata soprattutto alla chiesa cattolica, che come sempre pretende di avere l’esclusiva in materia di etica e spiritualità.
Siamo molto preoccupati di questa occupazione della sfera pubblica; lo siamo anche, ma un po’ meno, del patetico, piccolo spaccio, a cui abbiamo assistito il 20 agosto 2019 al Senato.