C’è un clericalismo esplicito e grossolano, come quello del prete che fa baciare il crocefisso alle vecchiette, o dell’ex adoratore del dio Po recentemente convertitosi al Cuore Immacolato di Maria; ma c’è anche un clericalismo “raffinato”, ma non meno retrivo, come quello di Sandro Veronesi sul Corriere della sera dell’8 maggio scorso.
Tutti sanno che c’è un crollo verticale della partecipazione ai riti cattolici, soprattutto dei giovani, ma Veronesi sostiene che “il mondo laico boccheggia, mentre quello cattolico è pieno di vita”.
Basterebbe a dimostrarlo – “argomenta” Veronesi, comparando una monarchia teocratica con una democrazia parlamentare – la rapidità con cui è stato eletto Bergoglio a fronte della lentezza con cui è stato, a suo tempo, rieletto Napolitano (sic!).
Ma non sarebbero solo le presunte “sveltine” cattoliche a dimostrare la loro superiorità: effettivamente molti dittatori sono stati altrettanto sbrigativi e non ci sembra che i cattolici possano vantare una lunga tradizione di decisioni rapide (vedi per esempio i due millenni per decidere sull’immacolata concezione).
In realtà, continua Veronesi, il vero motivo sarebbe l’assenza di valori: “Il mondo laico che produce polverosi funzionari tutti impegnati a snocciolare numeri senza senso mentre ogni prete che fa sentire la propria voce sembra depositario dei valori necessari per superare la prova – perché, prosegue simpaticamente – speranza, dialogo e condivisione si trovano nei dintorni del mondo cattolico, mentre l’ottusità e la pochezza di vedute, il conservatorismo autoassolutorio e il burocratismo ipocrita e bigotto infettano la nostra nobile tradizione laica”.
In altri termini, Veronesi ci dice che i laici sono, diversamente dai cattolici, privi di valori (e ottusi, gretti, ipocriti, ecc.), perché la laicità e la scienza sarebbero fredde e aride, i cattolici invece sarebbero caldi e generosi, per (sua) definizione. Veronesi dixit.
(ma al Corriere non c’è nessuno che legge gli articoli prima di pubblicarli?)