Questa 12^ e ultima tappa da Sansol a Pamplona richiede 7 ore, comprensive di ricarica batteria, per i 71 chilometri con dislivello di 1190 metri in salita e 1210 in discesa, e obbliga a una riflessione su cosa sia oggi il pellegrinaggio sul cammino per Santiago di Compostela.
Il pellegrinaggio verso qualcosa di sacro o miracoloso è un fenomeno antico e trasversale alle diverse religioni, che si vada a Delfi, a Gerusalemme, a La Mecca, a Cuzco, a Kapilavastu, o a Compostela. Per i cristiani che credono che saremmo solo di passaggio in questa valle di lacrime, in attesa di raggiungere il regno di dio (già, mica la repubblica!), il pellegrinaggio è la metafora del viaggio, uno sforzo (un jihad direbbero i musulmani) per esprimere pacifica devozione o impegno per la guerra santa, espiazione di peccati o richieste di intercessioni miracolose.
Quando Ratzinger è andato a Compostela nel 2010 ha ricordato che “Andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia. Andare in pellegrinaggio significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio”, citando il catechismo che recita “I pellegrinaggi evocano il nostro cammino sulla terra verso il cielo” (CCC 2691).
Probabilmente, mettendoci impegno e determinazione, si può ancora trovare qualcuno che si muova sul cammino di Santiago per andare verso dio, ma il postmodernismo dominante ha cancellato (per fortuna) l’idea di peregrinare per ammazzare gli islamici o i repubblicani, o di vedere apparire qualche madonna, o di espiare i propri peccati attraverso la sofferenza del cammino, o di beneficiare di qualche miracolo accostandosi a reliquie farlocche.
Tutte le ricerche rilevano che anche chi si dichiara credente, tranne una piccola minoranza, ormai adotta una religione a bassa intensità, una appartenenza senza credenza. Quindi non possiamo stupirci se anche i pellegrinaggi siano a bassa intensità, privi di motivazioni autenticamente religiose.
Oggi chi fa il cammino, a parte il caso un po’ particolare del nostro spellegrinaggio, lo fa per ragioni turistiche, per visitare monumenti storici e paesaggi affascinanti, per ragioni sportivo-salutistiche, per stare in compagnia del proprio partner o della propria compagnia, e per innumerevoli altre ragioni. La spiritualità, quando c’è, è molto immanente o new age; la sofferenza non va oltre la fatica di una passeggiata in montagna.
D’altra parte le confraternite che garantivano il pellegrinaggio, i crociati che proteggevano il cammino quando erano liberi dal matar los moros, le opere pie e gli ostelli sul cammino, sono diventati agenzie commerciali turistiche. Beh, anche in passato si “commerciava” e si accumulava lo sterco del diavolo, ma oggi le motivazioni sono diverse, forse un po’ meno ipocrite, certamente più adattate alle diverse esigenze individuali e più edonistiche.
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Le comunità autonome spagnole sono in concorrenza tra loro, con le agenzie confessionali e con quelle private, nel contendersi i pelleturisti; chi affronta il cammino lo fa per tanti motivi, in genere è indifferente alla dottrina cattolica e, se si dichiara comunque pellegrino, pratica però un pellegrinaggio a bassa intensità religiosa.
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