L’ateismo che nega la negazione dei molti in uno (Massimo Vettori, 8/10/22)

L’ateismo che qui propongo nega la negazione dei molti in uno, attraverso l’analisi critica delle dinamiche sintetiche, ovvero unitariamente omissive, dei sentire e dei pensare. Poiché porre unicità non rende unico ciò che non lo è ma crea gerarchie.

E la dove, per Freud: “Solo un desiderio può muovere il nostro apparato psichico”. Per Leopardi: “Il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo”. Insomma, chi voglia fare un lavoro intellettuale posato deve mettere in conto che “il vero non è bello e il bello non è vero”.

A dire di Nietzsche, quantomeno oltre un certo limite: “Anche l’istinto di verità è una potenza intesa alla conservazione della vita […] Fino a che punto la verità sopporta di essere assimilata? – Questo il problema, questo l’esperimento – ”. Dunque lo facciamo questo esperimento?

Unitario e ciascun per sé totale è ogni sentire. Così come unitario, unico ed irripetibile è ciascun corpo che sente. Plurali sono le cose sentite e i corpi che sentono.

Nessun sentire è riducibile all’altro o contenuto dell’altro. Dunque il rapporto “Io-Mondo” si propone a ciascuno unitariamente a parti inverse, con tutto e tutti gli altri dentro, quali frazioni del proprio sentire, con grandezze e numeri crescenti procedendo per l’inverso delle distanze, frequentazione desiderabili e/o avversioni esistenziali.

Per Leopardi. “Solo l’individuo compone tutta al società” (degli individui). Tutti gli altri sentiti relativamente a sé, ciascuno per sé, quantunque diversamente posti.

È questo che ne ‘L’essenza del cristianesimo’ fa scrivere a Feuerbach: “Nessun essere è per se stesso limitato […] Ogni essere ha dei limiti solo per un altro essere […] Per un essere limitato la propria intelligenza limitata non è un limita; al contrario, ne è perfettamente felice e soddisfatto; la giudica, la loda e la esalta come una forza magnifica, divina; e l’intelligenza limitata, esalta l’essere limitato a cui appartiene. L’uno e l’altra si convengono nel modo più perfetto; c0me potrebbero essere in disaccordo? L’intelligenza è l’orizzonte di un essere. Quale l’ampiezza della sua vista tale l’ampiezza del suo essere e viceversa”.
Al che: “L’essere divino non è altro che l’essere dell’uomo liberato dai limiti dell’individuo, cioè dai limiti della corporeità e della realtà” così che: “La ragione non subordina sé a Dio ma Dio a sé” e “L’amore di Dio per l’uomo, il fondamento e centro della religione, non è che l’amore dell’uomo per sé stesso, per il proprio essere oggettivato e contemplato come la verità somma, come il sommo essere”.

Ed è questo che io qui definisco essere la totalità senziente individuale, unitaria e ciascuno per sé totale.
Dopodiché l’escursione zoomata delle esperienze, spesso assunte acriticamente per vere così come percepite, produce asimmetrie apparenti tra oggetti e persone diversamente distanti da sé e tra loro, dove l’individuo senziente è sempre quell’intero che unitariamente sente, avvalorando sé al pari delle proprie percezioni o un altro “come sé” (anche se solo idealmente, anzi meglio se solo idealmente), perché l’individuo, innamoramenti compresi, per non scomodare la propria totalità senziente, si identifica con non più di un solo altro individuo “pari a sé”. Opponendo ad esso sottomissioni miniaturizzate altrui, percepite come insiemi : “Il popolo, la massa, i fedeli”: tanto più quanto più distanti da sé essi appaiono. Così che, onde prescindere dalla propria finitezza corporea, nei propri pensieri gli altri e le altre cose sono manipolati da un’idea che, come esige una divinità o un sovrano, relativizza a sé quell’insieme reso vero da sé in forma gregaria ad “un sé sopra di sé”.

Ma in cosa consiste quella forma mentale individuale, priva di eccezioni: plurale non per intuizione del singolo ma per l’oggettiva pluralità dei singoli, che fa sottoporre ciascuno a sé tutti gli altri, in un tutto unitariamente inteso?

Per rispondere a questa domanda, riassumo qui a tratti, proponendo per la veglia quel che Freud scrisse ne ‘L’interpretazione dei sogni’ della condizione onirica: “Lo stato affettivo è giustificato per la sua qualità,
non.. per la sua misura” [-] “Quando, in un processo psichico della vita normale, troviamo che una rappresentazione è stata scelta tra molte altre ed ha assunto una particolare vivacità per la coscienza […] alla rappresentazione vincente compete un valore psichico particolarmente alto” [-] “Tra le relazioni logiche una sola si avvantaggia straordinariamente […] è la relazione della somiglianza, della concordanza, della connessione […]. Somiglianza, concordanza, comunione vengono raffigurate in genere per contrazione in unità” [-] “Le intensità delle singole rappresentazioni […] passano da una rappresentazione all’altra di modo che si formano singole rappresentazioni dotate di grande intensità. Ripetendosi più volte questo processo, l’intensità di una serie di pensieri può infine trovarsi in un unico elemento rappresentativo” [- – -] “L’identificazione consiste nel fatto che soltanto una delle persone collegate da un elemento comune emerge nella raffigurazione […] Mentre la seconda e le altre persone appaiono represse […]”. Insomma, il valore particolarmente alto di un sentimento, così come unico per sé stesso è colui al quale appartiene, appare sempre concentrarsi su un unico elemento, anche quando tale unico elemento sottintende generalità.

A tal proposito Nietzsche in ‘Ecce homo’ scrisse: “… un principio di selezione lascia cadere molte cose […]: onora in quanto sceglie”. Tuttavia più avanti scrisse: “Non c’è nulla da togliere da ciò che è, nulla è trascurabile …”. Vale a dire che ogni scelta avvalora l’oggetto scelto, ma non elimina realmente ciò che lascia cadere e sostituisce. Dunque ogni scelta è effettivamente minore per grandezza, numero e quantità delle cose tra le quali sceglie. Ne segue che vita, sensibilità e pensieri sono fugaci possibilità tra le cose, non qualcosa, qualche idea, che sta loro sopra e le contiene. Dunque cos’è la vita per ciascuna sensibilità ed intelligenza?

Con Diderot si giunse vicino alla risposta ma fu omessa, per il fatto che le presunzioni umane, facendosi potere, prendono a calci le verità che non le supportano. Ecco la risposta: “Che cos’è un essere? … La somma di un certo numero di tendenze … […] E la vita? … La vita, una sequenza di azioni e reazioni … vivo, io agisco e reagisco in massa … morto, agisco e reagisco in molecole […]”.

Dunque, si consideri questo: ogni essere vivente è un organismo complesso con molteplici necessità, appagabili da appropriate scelte materiali fuori di sé (non da tutto ciò che è) ed è confinato entro una membrana attraverso la quale avvengono tali scambi con l’esterno. La molteplicità delle necessità e la ponderatezza delle scelte orienta quindi gli individui verso quella parzialità materiale che alimenta quel certo numero di tendenze al quale si riferisce Diderot.
Ne segue che tali esigenze si proiettano all’esterno degli organismi viventi quali tendenze, ovvero desideri selettivi: ricordi Freud?: “solo un desiderio può muovere il nostro apparato psichico” e la dove le molecole si muovono sulla base delle sole leggi fisiche, ogni vivente è obbligato dalla sua unitarietà a muoversi al suo esterno in una sola direzione, talora in parziale contrasto con quelle leggi fisiche, potendo così soddisfare alcune necessità piuttosto che altre, ora una ora l’altra. Variando direzione all’occorrenza. Dopodiché l’appagamento di ciascuna necessità ottunde il desiderio da essa alimentato, modificando la prevalenza interna tra diverse necessità, altresì variando quelle volontà che fanno muovere l’intero organismo in una stessa direzione esterna.

Ed è spostandosi di volta in volta il primato da una necessità a l’altra che si impongono scelte parziali valide per tutto l’organismo, sviluppando così sensibilità e intelligenze per contrasto tra tensioni interne e scelte esterne. Alimentando così flussi di sentimenti opposti ed equivalenti che, seguendo i vitalmente più appropriati, si dilatano nelle loro opposizioni e rifluiscono nel loro punto neutro d’origine allo scadere della vita.

È questo che fa dire a Leopardi che, via le illusioni: “Al mondo non esiste alcun bene senza il suo male contrario”. Ovvero: “Quello che ritine gli uomini che non abbandonino la vita spontaneamente; e quel che gli induce ad amarla, e a preferirla alla morte; non è altro che un semplice e un manifestissimo errore, per dir così, di computo e di misura: cioè un errore che si fa nel computare, nel misurare, e nel paragonar tra loro, gli utili o i danni”.

Tuttavia Leopardi ben comprese che “Il più solido piacere dei questa vita è il piacer vano delle illusioni”, perciò non pensa affatto che esse possano essere demolite. Piuttosto ne sostiene la parità tra i singoli, scrivendo: “Parimenti le illusioni”.

Altrimenti dalle loro mistificazioni si ergono religioni e potere dei singoli. Tutti presupposti oggi favoriti dal sistema mediatico che, quale divinità di ultima generazione, si fa ogni giorno più pervasivo nel produrre nuove illimitate illusioni, simultaneamente trasmesse a milioni di percettori. La dove in antico i suoi antenati fondarono religioni, salendo su altari per arringare silenti individui senza parole.

All’opposto risiedono le relazioni dove un Io e un Tu si interfacciano tra loro, una mano stringe l’altra, un corpo un altro corpo e ogni singola intelligenza si percepisce obbligata da quella dell’altro quanto quella dell’altro dalla propria. Così Feuerbach, associando l’amore alla pluralità, chiarisce quanto sopra: “ Al rigoroso concetto dell’amore il numero due è sufficiente. Due è il principio, appunto perciò l’equivalente, della pluralità. Ponendo più persone si verrebbe solo a sminuire, a disperdere la forza dell’amore […]”.

E poiché alcuno può dirsi fuori dagli zoom percettivi della propria totalità senziente: dal vago indistinto unitario al chiaro e distinto molteplice e viceversa, perlomeno un dubbio sulla sua natura escludente dovremo porcelo ed una ponderata ricerca avviarla. Insomma, conformare tutte le ipotesi ad un unico vero non è l’unica ipotesi possibile, e come si impara in modo affatto intuitivo che è la terra a girare intorno al sole, l’ipotesi ancor vera, contraria ad un unico vero contenibile da un’unica intelligenza occorre sia razionalmente demolita.