Che c’entra la laicità dello Stato con il primo maggio? C’entra, c’entra.
La democrazia non è riducibile a procedura elettorale; è soprattutto bilanciamento dei poteri per evitare che i più forti opprimano i deboli, per rendere effettiva l’uguaglianza.
Montesquieu nel 1748 pubblica L’esprit des lois (Lo spirito delle leggi) in cui teorizza la separazione dei poteri, perché il “potere assoluto corrompe assolutamente“. Il libro viene attaccato dai gesuiti e messo all’indice dalla chiesa cattolica.
Con la modernità, comunque, si afferma l’idea di combattere l’assolutismo con la divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Inizialmente ci si basa sul “liberi da”, poi, soprattutto con le democrazie costituzionali del secondo dopoguerra, si afferma il “liberi di”: la democrazia formale non basta, bisogna anche rimuovere le cause che generano le disuguaglianze per realizzare una democrazia sostanziale, uno Stato sociale.

Ma da fine anni ’70 il neoliberismo diventa egemone e le disuguaglianze tornano a crescere. Si teorizza che se alcuni diventano più ricchi ci guadagnerebbero qualcosa tutti (trickle down); in realtà, senza contrappesi i potenti diventano più prepotenti.
Per rendere effettivo il bilanciamento dei poteri di Montesquieu, bisogna estenderlo a tutti gli ambiti e per tutti i rapporti, con logica intersezionale. È questo il senso dei movimenti antirazzisti, delle mobilitazioni femministe, della legge Zan contro l’omotransfobia, nei luoghi di lavoro e nel sociale.
Il lavoro è un aspetto centrale della vita e non deve essere ridotto – come fanno i neoliberisti e non solo loro – alla sola dimensione economica e ai rapporti di mercato. Contro l’interpretazione economicista del neoliberismo e dell’individualismo metodologico, Karl Polanyi afferma che la società (e il lavoro che ne è il rapporto sociale fondante) si basa su norme, aspettative, motivazioni, istituzioni complesse (reciprocità, redistribuzione, mercato).

La democrazia non può essere lasciata fuori dai luoghi di lavoro, perché senza contrappesi si è ricattabili, soggetti a soprusi, costretti a subire anche pratiche illegali. Per fare solo qualche esempio, quando c’è un forte squilibrio di potere e una mancanza sostanziale di tutele, lavoratrici e lavoratori non denunceranno l’azienda che versa sostanze tossiche nell’ambiente, non reagiranno alle molestie sessuali e alle discriminazioni.
Si veda tra i tanti il caso del licenziamento del lavoratore ArcelorMittal di Taranto, accusato di “affermazioni di carattere lesivo e minaccioso” per aver commentato in un post su Facebook la fiction con Sabrina Ferrilli: ancora oggi è come negli anni ’50, quando entrare in fabbrica con l’Unità in tasca poteva significare discriminazioni e licenziamento; ancora oggi, troppo spesso, la Costituzione non entra nei luoghi di lavoro.

“L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro” che promuove (dovrebbe promuovere) “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3). I diritti e il conflitto per renderli esigibili (nei termini indicati dalla Costituzione) fondano lo Stato-nazione, la cittadinanza.
Neoliberismo compassionevole, dottrina sociale cattolica e federalismo leghista, in forme diverse, convergono nell’indebolire lo Stato-nazione; nel sostituire la solidarietà (la lotta comune per i diritti) con la carità (gerarchica e strumentale) del filantro-capitalismo, delle opere pie, dei corporativismi locali e professionali; convergono nel glocalismo, cioè in un antistatalismo che è contemporaneamente globalista e localista, che consente alle multinazionali di eludere i controlli degli Stati (e le tasse), che promuove il principio di sussidiarietà sostituendo il pubblico con il privato più o meno “sociale”, che favorisce la nascita di ghetti e “piccole patrie”.

Non a caso – nonostante l’indebolimento quali-quantitativo della religiosità degli italiani – la religione sta rientrando nella sfera politica, aggirando (e “reinterpretando”) il principio laico dell’etsi deus non daretur. Le ideologie neoliberista, cattolica e leghista vogliono la scuola “paritaria” e la sanità “convenzionata”, paradisi fiscali globali (Vaticano compreso) e regionalismo differenziato, sostituire il welfare universalistico fondato sui diritti con sistemi di welfare aziendalisti e localisti, privatizzati e precarizzati anche strumentalizzando il volontariato del Terzo settore, comunque sempre più diseguali.
Dunque uguaglianza, laicità, diritti, welfare, centralità del lavoro, cittadinanza – garantiti (lottando) dallo Stato-nazione (in prospettiva, forse, anche da una Federazione di Stati europei) – sono il progetto costituzionale per cui lottare, per cui ricominciare a lottare. E la laicità c’entra con il primo maggio, eccome se c’entra!