(pubblicato su MicroMega.net del 28 novembre 2022, di Federica Cattaneo e Giancarlo Straini)
La Cgil sta perdendo la sua laicità? Il 19 dicembre il papa riceverà in udienza il segretario generale della Cgil accompagnato da una folta delegazione di sindacalisti. Alcuni ritengono sconcertante tale iniziativa, considerandola un vulnus alla laicità del sindacato, dichiarata anche nel suo statuto. Proviamo a esaminare i vantaggi e i rischi per i soggetti coinvolti in tale iniziativa.
Lo stesso concetto di laicità è spesso deformato, come molti altri termini, quindi è opportuno precisare di cosa si parla. Il principio di laicità, riassumibile nella frase di Grozio etsi deus non daretur (come se dio non fosse dato) invita a gestire la sfera pubblica senza presupporre verità dogmatiche, religiose o politiche. La chiesa cattolica e tutti i papi pretendono invece di essere presenti nella sfera pubblica, non in quanto liberi cittadini ma in quanto portatori di una Verità rivelata, iscritta nella “natura”, creata da dio e interpretata dalla chiesa, quindi una Verità assoluta che precede e sovrasta l’autodeterminazione dell’umanità, degli uomini e (ancora più) delle donne.
La religione è un insieme di varie dimensioni: la partecipazione ai riti (in calo verticale), la dottrina (immobile da tempo), la fede in una salvezza (ignorata soprattutto dai giovani), l’organizzazione (malconcia anche per il crollo di vocazioni) e anche la comunicazione e la presenza politica che mantengano una adesione, sia pure a bassa intensità. Bergoglio ha sostituito Ratzinger perché, in epoca di populismi, grazie alla sua teologia del pueblo nata nell’ambiente del peronismo argentino, garantiva una maggiore presenza sulla scena pubblica e nella comunicazione di massa, senza cambiare di una virgola la dottrina. E così è stato.
In altri termini Bergoglio sta facendo bene il suo mestiere di papa e sta occupando il vuoto politico lasciato dalla crisi del pensiero socialista; è sostenuto dagli “atei devoti” dell’establishment che hanno riscoperto la funzione di controllo sociale esercitata dalle religioni e, con qualche distinguo superficiale, dalla destra che rivendica le radici cristiane dell’Europa.
Per chi difende la laicità dello Stato il problema non è tanto il papa, ma il credito che gli viene riconosciuto dalle sinistre postmoderniste (“radicali” e blairiane) che non sanno più distinguere il marketing dalla strategia, che si lasciano affascinare da frasi isolate, proprio perché hanno perso la capacità di ricomporre i frammenti in un pensiero organico, in una visione del mondo di tipo socialista, in una speranza per un futuro egualitario. Peraltro classificare un papa sull’asse destra/sinistra è operazione sgradita al papa stesso e discutibile perché isola e assolutizza singoli gesti.
Questa sinteticissima e schematicissima analisi per dimostrare che la chiesa ha interesse a dialogare con rappresentanze politiche e sociali di destra e di sinistra. Vale anche l’inverso? Oppure, come sostiene la rappresentante di una minoranza interna Eliana Como, la Cgil sta rinunciando alla sua laicità?
La Cgil (e in generale i sindacati) sono stati indeboliti da decenni di svalutazione (economica e culturale) del lavoro, dalla segmentazione e precarizzazione del mercato del lavoro che riduce strutturalmente la forza contrattuale e rende più difficile lottare e ottenere risultati. La Cgil non ha più una stabile sponda politica; diversamente da altre nazioni europee dove, seppure in crisi, permangono legami tra sindacati e partiti socialdemocratici, in Italia non c’è più da tempo un partito pro labour degno di questo nome. Molti iscritti alla Cgil, da tempo, non votano o votano a destra; la sede della Cgil è stata assaltata e devastata e solo la risposta di massa dei propri militanti ha evitato emulazioni. C’è un governo di destra e l’opposizione è complessivamente debole.
In altri termini, la Cgil deve rompere l’isolamento: sbaglierebbe se evitasse di confrontarsi con il governo di destra per “salvarsi l’anima”, come conclude Como (dixi et servavi animam meam); la Cgil deve e può “salvare i corpi” dei diritti civili, politici e sociali mantenendo la sua autonomia ma senza isolarsi; ha fatto bene a promuovere la manifestazione per la pace del 5 novembre insieme a formazioni cattoliche (a cui hanno partecipato anche associazioni atee); fa bene a partecipare all’udienza del 19 cogliendo l’occasione del credito mediatico che di fatto circonda la figura di papa Francesco.
Il rischio che una operazione tattica, per rompere l’isolamento, possa essere pagata dalla Cgil con una subordinazione strategica e con la perdita della sua laicità, non è del tutto assente, ma non è messa in discussione dall’udienza del 19 dicembre; è messa in discussione dal vuoto politico della sinistra (compresa una parte del gruppo dirigente della Cgil) che ha accettato, o comunque non ha saputo opporsi, alla sanità convenzionata, alla scuola paritaria, all’autonomia differenziata, all’esternalizzazione dei servizi scaricati sul Terzo settore.
La perdita di laicità, politica e culturale, avviene se si accetta il principio di sussidiarietà, che è alla base della dottrina sociale cattolica, e su cui convergono il neoliberismo compassionevole e il federalismo divisivo leghista: principio di sussidiarietà rivendicato dalla destra di Meloni e dalla sinistra di Speranza, dal ciellino Lupi e dalla Pontificia Accademia, che ci guida alle privatizzazioni con i sussidi dello Stato, all’erosione del welfare universalistico, promuovendone la sostituzione con il volontariato non profit e con imprese molto profit. Vi contribuisce, più o meno consapevolmente, anche una sinistra postmodernista e movimentista che si isola in frammenti, monotematiche, lotte simboliche (salvo poi rincorrere il candidato alla moda del momento), che contrappone il “dal basso” (il civismo, la spontaneità) alla politica, a una propria autonoma e organica visione del mondo e del futuro.
La laicità della Cgil regge finché reggono la sua linea e le sue pratiche sull’istruzione (contro la scuola paritaria), sulla sanità (contro la sanità convenzionata), sugli assetti istituzionali (contro l’autonomia differenziata), ecc. Con tutti i suoi limiti, la Cgil resta la più grande organizzazione capace di unificare le lotte per i diritti civili, politici e sociali. E, diversamente da altri, può permettersi di andare dal papa con la sua identità, senza chinarsi a baciargli la pantofola.
Federica Cattaneo e Giancarlo Straini
La Cgil in udienza dal papa: è una abile mossa per rompere l’accerchiamento di governo e Confindustria o è una perdita di laicità?
In questo articolo su MicroMega si sostiene che non basta “salvarsi l’anima”, bisogna “salvare i corpi” dei diritti civili, politici e sociali lottando contro la sanità convenzionata, la scuola paritaria, l’autonomia differenziata, cioè contro il principio di sussidiarietà della dottrina sociale cattolica.