Il fascismo di Mussolini non è riproponibile negli stessi termini del passato ventennio – ovvio, lo stesso vale per la monarchia UK di Giorgio V, o per la liberaldemocrazia USA di F.D. Roosevelt – ma la cultura politica del fascismo esiste e viene oggi riproposta, almeno in alcuni suoi aspetti.

La defastiscizzazione dello Stato fu parziale, non tanto per l’amnistia Togliatti del governo De Gasperi nel 1946 (necessaria per chiudere la guerra civile), ma per l’avvio della guerra fredda USA-URSS che spinse (soprattutto l’Occidente) a “recuperare” parte del personale nazi-fascista e, soprattutto, impedì una profonda epurazione della cultura fascista (e del Codice Rocco). Anzi, venne diffusa la falsa rappresentazione degli “italiani brava gente”, non furono processati i criminali di guerra italiani, vennero rimosse le atrocità commesse dagli italiani in Africa, nei Balcani, in Italia.

La lotta partigiana è stata ovunque sostenuta soprattutto dalle sinistre, ma questo non ha impedito che, per esempio in Francia, gran parte della destra si dichiarasse antifascista (pur avendo avuto molti collaborazionisti e il governo di Vichy); invece in Italia l’antifascismo non è diventato un diffuso sentimento nazionale, nonostante la dichiarazione in Costituzione, anzi è nato l’anti-antifascismo.

Con la “seconda repubblica” e la riduzione della grande politica (quella che ragiona sui sistemi) a schermaglie politiciste (da talk show), l’anti-antifascismo è diventato egemone. Anche con il contributo di chi continuava a richiamarsi all’antifascismo, ma lo riduceva a vuota retorica, o a uno strumentale utilizzo elettorale di corto respiro, che alternava la sopravvalutazione dell’imminenza del pericolo (vota per me per fermare l’onda nera) e il tatticismo delle alleanze e degli ammiccamenti (riconoscimento dei “ragazzi di Salò”, ecc.).

L’antifascismo è necessario ma, proprio per questo, deve essere usato bene; c’è bisogno di una riflessione politico-culturale anche sulla necessaria attualizzazione e rivitalizzazione dell’antifascismo. Gridare che il governo Meloni è fascista è sbagliato (se fosse così dovremmo andare in montagna, e non per la settimana bianca); certamente il governo Meloni esprime alcuni aspetti della cultura politica fascista che vanno combattuti con decisione ma, se proprio vogliamo trovare un’analogia storica, sembra più simile alla destra clericale democristiana degli anni ’50 che al ventennio precedente.

Torneremo sull’argomento perché è complesso e non può essere esaurito in poche frasi; certamente l’antifascismo dovrebbe essere una visione del mondo a livello di sistema, costituzionale, che ispiri e legittimi la politica, e non ridotto a tifoseria politicista. Purtroppo siamo lontani da questa condizione; è necessario celebrare l’attualità del 25 aprile manifestando nelle piazze e approfondendo la riflessione sul suo significato.