Che ci fa un ateo in bicicletta a Santiago di Compostela? si potrebbe rispondere: una semplice gita, ma noi esseri umani siamo più complicati, stratificati con vari aspetti materiali e simbolici. In questo caso abbiamo un ateo, Mario Bolli, che è presidente di ArciAtea rete per la laicità APS, che fa una pedalÂtea sul cammino di Compostela ma – potremmo dire: ovviamente – non si muove come i pellegrini verso Santiago.
Non va in questa direzione perché questo ateo è uno spellegrino che si allontana dalla “Città del Santo” per un cammino (inverso) di Santiago. Se i pellegrini devoti ad una qualsiasi religione percorrono il cammino immergendosi in fatiche e difficoltà con lo scopo di avvicinarsi al sacro, di purificarsi e meritarsi così la ricompensa divina, un ateo lo farà per scopi diversi, perché siamo tutti diversi, ma un po’ “più diversi” da chi si crede al centro della creazione.
Quello sopra citato si considera ateo senza sentire la necessità di dimostrare che non esistono gli dei: per lui non è importante, sa di poterne fare a meno. A differenza dei devoti che fanno propri i dogmi divini – spesso senza capirli o comunque adottandoli passivamente perché i disegni di dio sono imperscrutabili per gli uomini – crede in moltissime cose, ma non nei dogmi imposti.
Crede nella fratellanza e nella condivisione, nella lotta per la rimozione delle disuguaglianze e delle violenze in e di genere, nell’eliminazione delle ingiustizie, delle guerre e di ogni sopraffazione dell’uomo sull’uomo; non lo fa per meritarsi ricompense, ma perché è o dovrebbe essere “normale”. L'”anormale” è rappresentato dal razzismo, dall’omotransfobia, dall’intolleranza, dall’uso della violenza per risolvere le controversie fra i popoli, dal considerarsi al di sopra di ogni altro essere vivente.
Questo ateo sa però che la sua educazione è infarcita e condizionata dalla morale cattolica essendo nato e vissuto in Italia e allora deve cercare di liberarsi dalle pastoie subite; per esempio con un gesto, con uno spellegrinaggio su un percorso compiuto “in direzione ostinata e contraria”, allontanandosi dalla chiesa e dai suoi dogmi.
La fatica e le difficoltà saranno simili a quelle dei pellegrini, ma il fine completamente diverso: un fine liberatorio per riuscire ad essere e sentirsi più libero, autodeterminato, arbitro di se stesso e della propria esistenza e, perché no, fornendo anche qualche esempio a chi volesse fare la stessa esperienza.
Pubblicato sulla nostra pagina NonCredo e su NonCredoBlog.it.
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