Adolf Hitler era cattolico ma si fa fatica a dirlo. Dirlo, ovviamente, non significa sostenere l’equivalenza tra cattolicesimo e nazismo: ci sono cattolici fascisti e antifascisti, liberali e antiliberali, settari e dialoganti, elitari e populisti; insomma, c’è di tutto e sarebbe scorretto attribuire a tutti i cattolici le convinzioni di alcuni.

Si può invece individuare l’ideologia e la politica della chiesa cattolica intesa non come comunità dei fedeli ma come gerarchia, come Stato pontificio, e si deve farlo in modo (relativamente) oggettivo usando le fonti accertate dagli storici, non le Verità Assolute dei testi sacri, o quello che ha detto “mio cuggino”.

Dopo la seconda guerra mondiale il nazismo è stato considerato il “male assoluto”, quindi è comprensibile che la chiesa cattolica abbia cercato di minimizzare il suo sostegno al regime hitleriano e di sottolinearne le divergenze con una poderosa operazione di church-washing.

È storicamente incontrovertibile (ma qualche negazionista si trova sempre!) che fascismo e nazismo abbiano ottenuto la maggioranza parlamentare e i pieni poteri con il sostegno determinante dei partiti cattolici su pressione del Vaticano (che ha tacitato gli oppositori alla don Sturzo). Ovviamente, in quanto entrambi totalitari, cristiani e fascisti entravano anche in concorrenza su alcuni ambiti in cui entrambi rivendicavano il monopolio (educazione, morale, ecc.); era un amore bello e un po’ litigarello.

Anche in Germania c’erano preti e vescovi antifascisti ma – sostiene lo storico Emilio Gentile in Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi – «Molti cattolici, gerarchie comprese, pensavano che alla fine sarebbe stato possibile realizzare con Hitler lo stesso accordo che la Chiesa era riuscita a stipulare in Italia con Mussolini, operando su un piano condiviso di idee e di valori antimoderni contro i comuni nemici: democrazia, laicismo, liberalismo, socialismo, bolscevismo. […] “il nunzio monsignor Orsenigo era sinceramente giubilante. Egli riteneva che il nuovo governo avrebbe presto offerto alla Chiesa le stesse concessioni che Mussolini aveva ritenuto opportuno fare in Italia”».

Prosegue Emilio Gentile: «L’avvio di una legislazione antisemita fu contemporaneo all’avvio delle trattative per il concordato fra Santa Sede e Stato tedesco, che proseguirono mentre, contemporaneamente, Hitler accelerava la demolizione della democrazia e la costruzione del regime a partito unico. Infatti, il 24 marzo 1933 era stata approvata, con il voto del Partito del Centro, la legge sui pieni poteri; il 2 maggio furono sciolti tutti i sindacati non nazionalsocialisti; il 22 giugno fu soppresso il Partito socialdemocratico. […] Per Hitler il concordato fu un grande successo, sia interno che internazionale».

Nel church-washing postbellico il Vaticano ha sostenuto che effettivamente si erano sbagliati a fidarsi di un Adolf Hitler che fingeva di essere cattolico ma in privato «il Führer si sarebbe dichiarato un pagano nell’intimo, ostile al cristianesimo»; però queste poco credibili dichiarazioni erano state fatte nel dopoguerra solo da ex collaboratori “pentiti”. Conclude Gentile: «Quale che sia l’attendibilità di queste testimonianze, le dichiarazioni pubbliche di Hitler non erano mai ostili al cristianesimo e alle Chiese».

Inoltre, un altro storico tra i più autorevoli, Franco Cardini, sostiene che quando Adolf Hitler si è sposato con Eva Braun a poche ore dalla loro morte, dovendo dichiarare la razza e la fede – come previsto dalla legge sulla tassa ecclesiastica (Kirchensteuer, equivalente al nostro 8×1000) – Eva Braun si era definita genericamente credente in dio, invece Adolf Hitler si era dichiarato cattolico.

Effettivamente – come sostiene Emilio Gentile – «Il nazionalsocialismo non era un blocco omogeneo e monolitico, che ripeteva in coro l’ideologia del Führer. All’interno del movimento e intorno a esso, infatti, vi era un’eterogenea galassia di individui, di gruppi e di movimenti, egualmente pangermanisti, razzisti e antisemiti, che tuttavia propagandavano idee differenti sulla religione, sul cristianesimo, sull’atteggiamento del nazionalsocialismo verso le confessioni religiose e sul ruolo delle Chiese in un futuro Stato nazionalsocialista».

I church-washers citano l’enciclica Mit brennender Sorge (con viva preoccupazione) del 1937 come dimostrazione della (seppure tardiva) opposizione del Vaticano al nazismo, ma in realtà l’enciclica protesta contro le violazioni del Reichskonkordat (tuttora vigente), soprattutto in materia di istruzione cattolica; cita il «provocante neopaganesimo, appoggiato, purtroppo, spesso da personalità influenti», ma non condanna mai il regime nazionalsocialista, tanto meno Adolf Hitler, diversamente dalla condanna totale del regime bolscevico, non limitata a personalità influenti, espressa più volte nella contemporanea enciclica Divini Redemptoris.

Infine i washers “argomentano” che, essendo il cattolicesimo amore, bene assoluto, Hitler in quanto male assoluto non poteva essere cattolico. Già! Ma così quanti sarebbero i “veri” cattolici? e quante sarebbero le agenzie di rating?

La vittoria degli Alleati ha cambiato il contesto geopolitico e anche il Vaticano ha dovuto adeguarsi; è rimasta ferma la sua contrapposizione allo Stato moderno figlio dell’illuminismo e alle ideologie politiche che ne discendono, il liberalismo e (soprattutto) il socialismo, ma una parziale rivalutazione della democrazia era diventata necessaria, accompagnata dalla rivendicazione delle “radici cristiane” e dal church-washing del suo appoggio al nazifascismo.