Lo spellegrinaggio è partito da Santiago di Compostela verso Melide: 58,6 chilometri, 1340 metri di dislivello in salita e 1140 in discesa sul Camino Francés; il clima è fresco, un po’ ventoso e con qualche nuvola, metafora della vita, che però non impensierisce la pedalatea assistita, non solo spiritualmente, dalla bici Ghost.

Il nostro spellegrinaggio è un allontanamento dal sacro. Il termine “sacro” ha però diversi significati: è una parola di origine indoeuropea che significa “separato”, che indica una potenza straordinaria e misteriosa, irrazionale e assoluta; qualcosa che incute timore, da cui tenersi lontano; ma anche ambivalente, che affascina.

La sociologia descrive gli aspetti cognitivi e normativi del sacro, la sua funzione di integrazione sociale in una comunità; descrive la distinzione tra sacro (ciò che va oltre l’umano) e profano (ciò che sta fuori dal sacro recinto).

Le religioni presuppongono il sacro e lo istituzionalizzano; il divino, per essere tale, deve anche essere sacro. La crisi delle religioni e i processi di secolarizzazione non implicano necessariamente la crisi del sacro, che può permanere e manifestarsi in modi diversi, con diverse forme di spiritualità rintracciabili in tutti gli ambiti: nella vita quotidiana, nell’arte (soprattutto, ma non solo, romantica), e anche nella politica (con i riti laici e la religione civile).

In ogni caso il sacro rappresenta la nostra parte non razionale, che – in quanto sostenitori del razionalismo della scienza moderna – dobbiamo riconoscere, proprio per tendere a razionalizzarlo. Dunque questo spellegrinaggio su un cammino inverso è un allontanamento dal sacro, dai timori che genera l’irrazionale, dalle illusioni della metafisica, dalle “certezze” dei dogmi; è un percorso, nello stesso tempo, interiore e sociale, è rispetto per le altre credenze e lotta politico-culturale per un mondo di liberi e uguali.

E domani, mentre si pedala, ci si interrogherà sulla diffusa pratica dell’invenzione delle reliquie.