Albert Einstein giugno 1905

Penso alla luce.
Come si propaga
in questo spazio immenso che circonda
uomini e cose? La mia mente indaga
alla doppia natura sua di onda
e flusso di corpuscoli che vaga
per l’Universo. Credo che nasconda
la chiave di ogni umana conoscenza
e le premesse di una nuova scienza.

Se l’Universo è un continuo spaziale
in cui s’incarnano la geometria
e la metrica, sembra naturale
sostituire l’antica teoria
con un assetto spaziotemporale
sviluppando l’ipotesi che sia
anche per considerazioni estetiche
determinato dalle sue geodetiche.

Se c’è un conflitto fra due leggi aperto
dovrai sicuramente rinunciare
all’uno o all’altro. Ma quando hai scoperto
i perché più profondi già ti appare
l’ipotesi che spiega in modo certo
il tutto, e chiaro, e quasi lineare,
in veste matematica perfetta,
che chiamo relatività ristretta.

Sbalorditiva, semplice e compatta
come un antico vaso di ceramica,
la teoria suggerisce in forma astratta
una nuova visione panoramica
da un’esperienza ch’era stata fatta
nell’ottica e nell’elettrodinamica
da Lorentz e dalla rivoluzione
che nacque dalla sua trasformazione.

Nella fisica quella asimmetria
facea velo all’essenziale bellezza
dell’universo intero, all’armonia
prestabilita, all’estrema purezza
della natura. La nuova teoria
era già scritta in tutta chiarezza,
affidata a un tensore riemanniano
come a un violino, a un flauto, a un fortepiano.