Paragonare Elon Musk e Pio X è certamente azzardato, ma non del tutto erroneo. Certo, Pio X è un antimoderno, che vuole ripristinare la sottomissione alla parola di dio contro la pretesa dell’umanità di autodeterminarsi; Musk con X è un postmoderno, che decide volta per volta chi diffonderebbe verità o fake news; entrambi definiscono “verità” ciò che corrisponde ai propri interessi materiali e immateriali.

Elon Musk considera illiberali le richieste di rispettare le regole dell’Unione europea o dei singoli Stati, e usa politicamente il potere dell’informazione (schierandosi con Trump, Meloni, Bolsonaro, Farage); di fatto non riconosce i poteri delle democrazie liberali perché si considera (e per certi versi è) un potere sovranazionale superiore a quello di molti Stati.

Anche i vari papi pretendono di rappresentare un potere sovranazionale che deve difendersi dalle ingerenze dello Stato-nazione laico (sussidiarietà negativa) anche se non disdegnano di ricevere privilegi, prebende, sovvenzioni (sussidiarietà positiva), anzi le pretendono in nome della (propria e esclusiva) “libertas Ecclesiae”.

San Pio X, nato Giuseppe Melchiorre Sarto a Riese il 2 giugno 1835 e morto a Roma il 20 agosto 1914, santificato da Pio XII nel 1954, è celebrato il 21 agosto. Può essere interessante considerare la sua figura proprio perché è stato il papa che ha stroncato – definendoli “sentina di tutte le eresie” – i primi timidi tentativi di alcuni cattolici di accettare alcuni aspetti del pensiero della modernità.

«Il 4 agosto 1903 fu eletto papa, nel conclave reso famoso dal veto emesso dall’imperatore d’Austria nei confronti del cardinale Rampolla» considerato troppo vicino ai francesi (Treccani). Probabilmente Sarto è diventato papa grazie allo jus exclusivae, una forma di veto che spettava ad alcuni sovrani cattolici e che venne poi abolito dallo stesso Pio X.

Restaurare per riformare è il titolo della descrizione vaticana delle principali caratteristiche del suo pontificato: «l’opposizione al modernismo e alle leggi anticristiane in Francia, l’avvio della riforma del Diritto canonico, la riforma della Curia Romana, l’anticipo dell’età della prima comunione intorno ai 7 anni. E ancora in Italia, l’allentamento delle restrizione del Non expedit di Pio IX, cioè il divieto per i cattolici italiani di partecipare alla vita politica».

I cattolici modernisti cercavano di attenuare il dogmatismo della chiesa, ma furono scomunicati, sospesi a divinis, cacciati dai loro incarichi: venne imposto il giuramento antimodernista (poi modificato da Paolo VI) che, come ci spiega la parrocchia di Riese, si fonda su: «1) la dimostrabilità dell’esistenza di Dio da parte della ragione umana; 2) il valore e la convenienza dei miracoli e delle profezie come criteri della divina rivelazione; 3) l’istituzione storica della Chiesa da parte di Cristo; 4) il carattere immutabile della dottrina cattolica; 5) la ragionevolezza ed il carattere soprannaturale della fede».

Inoltre Pio X condannò, con l’enciclica Vehementer nos del 1906, la separazione fra Chiesa e Stato, approvata dal Parlamento francese nel 1905, cioè la legge francese sulla laicità che mise fine alla nozione di “culto riconosciuto” e rese le Chiese associazioni di diritto privato; legge tuttora vigente, sospesa solo durante il regime filonazista di Vichy.

Pio X si distinse anche per avere anticipato il rito della prima comunione a una età in cui i bambini non hanno ancora sviluppato capacità critiche. Infine favorì il ritorno dei cattolici alla politica basata sul principio di sussidiarietà, che è tuttora alla base delle privatizzazioni della sanità e della scuola (sussidiarietà orizzontale) e dell’autonomia differenziata (sussidiarietà verticale).

La più nota enciclica di Pio X contro la modernità fu la Pascendi Dominici Gregis del 1907; i papi successivi hanno talvolta cambiato i toni, ma non la dottrina.