con Chiara Cordelli (University of Chicago) e Cinzia Sciuto (condirettrice di MicroMega)

Vedi il video dell’evento sul canale YouTube di ArciAtea (vedi anche le playlist del canale). A causa di un’interruzione di 9 minuti del collegamento wi-fi non è stata registrata una parte del primo intervento di Cinzia Sciuto in cui descrive il contenuto di MicroMega 3-2023: una ragione in più per comprarlo.

Scarica il pdf della locandina in A4. Vedi la recensione di Giancarlo Straini su MicroMega (qui il pdf) del saggio di Chiara Cordelli, Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato democratico, (Mondadori 2022); nella Piccola biblioteca di Arciatea c’è Privatocrazia di Chiara Cordelli e Non c’è fede che tenga di Cinzia Sciuto. Vedi la Foto Gallery.

Ascolta i file audio mp3 dalla pagina PODCÂST di ArciAtea.

  • Cinzia Sciuto, Non c'è fede che tenga

[dall’introduzione di Giancarlo Straini]

La filosofa politica Chiara Cordelli è professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Chicago; è autrice di Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato democratico, Mondadori 2022. Con lei abbiamo già discusso qui alla Casa della Cultura il 27 gennaio scorso. Quell’incontro – Kant e il Terzo settore: Lo Stato privatizzato e le ambivalenze del non profit – è visionabile sui canali youtube della Casa della Cultura e di ArciAtea.

Cinzia Sciuto, giornalista e saggista, è autrice di Non c’è fede che tenga. Manifesto laico contro il multiculturalismo, Feltrinelli 2018 e condirettrice di MicroMega. Il terzo volume del 2023 di MicroMega – La democrazia nemica di sé stessa – esamina i tratti autoritari che attraversano come fiumi carsici i regimi democratici, erodendoli dall’interno. Il volume contiene anche un articolo di Chiara Cordelli.

La democrazia moderna nasce con l’Illuminismo, che è l’antenato comune da cui discendono il pensiero liberale e quello socialista; nasce contro i privilegi della nobiltà e del clero, per affermare il principio di autodeterminazione. Libertà, uguaglianza e solidarietà inizialmente si realizzano solo per i possidenti maschi bianchi, ma diventano principi di riferimento che, con alti e bassi, si affermano quasi ovunque, asintoticamente (come scrive Cinzia), sempre in modi imperfetti e instabili.

Il punto più alto è stato raggiunto con le democrazie costituzionali del secondo dopoguerra, basate sullo Stato sociale universalistico (il welfare del piano Beveridge), che hanno avviato i magnifici trent’anni, un periodo di riduzione delle disuguaglianze nei paesi industrializzati senza precedenti storici e di avvio ovunque di movimenti di liberazione.

Però da fine anni ‘70 le disuguaglianze sono tornate a crescere e con esse i problemi per la democrazia, soprattutto per la democrazia sostanziale. Spesso si usa il termine democratura (crasi di democrazia e dittatura) per indicare regimi che mantengono procedure elettorali formalmente abbastanza libere, ma sostanzialmente svuotate della sovranità popolare.

Anche nelle liberal-democrazie dell’Occidente assistiamo a una erosione delle libertà. Chiara Cordelli sostiene, con Kant, che “solamente all’interno di uno Stato propriamente costituito i nostri diritti e doveri possono essere definiti e resi effettivi in assenza di dominio”, ossia senza dipendere dalla volontà meramente privata e arbitraria di un altro.

Le privatizzazioni – della scuola, della sanità, di numerose altre funzioni della cosa pubblica – non solo non sono risultate più efficienti e meno costose, ma hanno minato alla radice il patto democratico fra lo Stato e i suoi cittadini, producendo alla lunga danni profondi. Anche quando sono affidate alla generosità del volontariato e alla filantropia, comunque le privatizzazioni riducono l’attaccamento affettivo alle istituzioni, generano apatia civica e astensionismo, riducono la qualità della politica.

I continui tagli dei finanziamenti alla funzione pubblica hanno innescato una spirale negativa che ha peggiorato la qualità dei servizi, allontanandoli materialmente e sentimentalmente dai cittadini, riducendo la loro capacità di controllo e partecipazione. Poi la partecipazione è stata promossa inventando il Terzo settore, con cui si giustifica il partenariato pubblico-privato, ma in sostanza si privatizzano le attività profittevoli e si torna alla premoderna logica caritatevole, alle opere pie.

Decenni di tagli, giustificati con la presunta insostenibilità fiscale del welfare, hanno depauperato l’amministrazione statale anche delle competenze professionali necessarie per progettare e investire (i fondi europei e non solo). Anche nell’ARCI (a cui sono iscritto) molti si lasciano affascinare dall’idea di co-progettazione pubblico-privato che, in nome della “partecipazione” (ma a cosa?), ci sta facendo “partecipare” all’erosione non solo dell’intervento pubblico diretto, ma anche della stessa funzione di indirizzo e di controllo pubblico.

Stasera discuteremo di democratura in termini generali, senza partire dall’attualità della politica politicista, delle politics. Approfitto però di questa occasione per notare che molti sembrano considerare il presidenzialismo di Fratelli d’Italia e l’autonomia differenziata della Lega incompatibili tra loro, perché contrapposti. In altre parole sperano che le due prospettive si neutralizzino a vicenda o, almeno, che una delle due impedisca l’altra. Io sono più pessimista e temo che le due prospettiva possano convivere e anche sommarsi. Questa possibilità ce l’ha indicata verso la fine del secolo scorso Gianfranco Miglio.

Miglio sosteneva che con la caduta del muro di Berlino dell’89 lo Stato-nazione della modernità era giunto al capolinea e sarebbe stato presto sostituito da una società pluricentrica, basata su aggregazioni territoriali e categoriali, cito letteralmente: “come nel medioevo”.
Il pensiero di Miglio, iscritto alla DC e rettore di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano, si rifaceva al principio di sussidiarietà che è alla base della dottrina sociale della chiesa: un pensiero di nicchia finché la globalizzazione negli anni 1990 non ha evidenziato il declino degli Stati nazionali (si veda il trilemma di Rodrik).

Declino dovuto allo spostamento “in alto” del luogo delle decisioni, che svuotava le istituzioni nazionali democratiche, quelle che “garantiscono” (lottando) i diritti della cittadinanza, e che provocava reazioni “in basso”, con localismi e corporativismi; detto molto schematicamente, lo Stato-nazione della modernità subiva l’attacco del federalismo divisivo e corporativo della Lega, dell’antistatalismo comunitarista e cosmopolita della chiesa, e del globalismo neoliberista.

Anche le sinistre, ormai liquide e postmoderne, accettavano il mainstream e, per fermare l’onda leghista, la “anticipavano” con la famigerata riforma del Titolo V, basata sul principio di sussidiarietà, cioè che deve essere sempre privilegiato il locale (sussidiarietà verticale) e il privato profit e non profit (sussidiarietà orizzontale), sostituendo progressivamente il welfare universalistico con la scuola paritaria, con la sanità convenzionata, con il volontariato del Terzo settore (come abbiamo esaminato a gennaio con Chiara).

Per concludere, non possiamo escludere che si realizzi la prospettiva di Gianfranco Miglio, di una società frammentata in localismi e corporazioni in competizione tra loro, con cacicchi e feudatari che gestiscono i loro interessi economici particolari, ma sono accomunati dalla comune credenza nel cosiddetto “libero mercato” e dall’autorità di un presidente-presidenzialista che garantisca l’ordine sociale. Come nel medioevo quando c’erano i feudatari e l’imperatore, che negoziavano i loro privilegi, legittimati dalla Tradizione e dalla Religione: cioè il particulare guicciardiniano (localismi e corporazioni) più un ordine autoritario “universale” (in realtà Occidentale, e anche in crisi).

Ma stasera non vogliamo parlare dei temi dell’attualità politica, se non indirettamente e come esempi; l’obiettivo è più generale, è indagare sulla crisi della democrazia a partire dal saggio di Chiara Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato democratico e dall’ultimo numero di MicroMega La democrazia nemica di sé stessa.