Il lavoro umano è l’interscambio tra il soggetto e il suo ambiente naturale e sociale, volto a ottenere un prodotto materiale o immateriale ritenuto utile. La prima divisione del lavoro espresse anche un rapporto di potere (lavoro autodeterminato e lavoro eterodiretto).
Troviamo questa distinzione già nell’epoca antica: l’otium era il lavoro autodeterminato, in genere intellettuale, ma che può essere anche manuale (Penelope che tesse, Ulisse che costruisce la sua barca) purché sia reputato confacente alla nobiltà del soggetto; il nec otium era il lavoro eterodiretto, in genere sgradevole, comunque per altri, che era considerato ignobile, che richiedeva una costrizione diretta (schiavitù/servitù) o indiretta (bisogno/retribuzione o ruolo).
Nel medioevo si attenuò un po’ la contrapposizione tra otium e negotium, con l’ora et labora dei benedettini (ma il lavoro restò sempre strumentale per la preghiera) e soprattutto con la frugalità e il beruf dei protestanti (il lavoro come vocazione) che fu alla base del capitalismo e del lavoro salariato.
Il socialismo si propose la liberazione dal lavoro e del lavoro. La prima con la riduzione dell’orario di lavoro, per ridurre il tempo del negotium e aumentare quello dell’otium; la seconda migliorando la qualità del lavoro, cioè rendendo il negotium più simile all’otium, al lavoro autodeterminato.
La combinazione di queste due strategie portò a risultati non solo economici (più salario), ma anche normativi, di potere e dignità (come titolava Bruno Trentin: da sfruttati a produttori). Questo è il significato del 1° maggio, che ricorda la prima legge delle otto ore lavorative giornaliere entrata in vigore il 1º maggio 1867 a Chicago.
La Seconda Internazionale dichiarò nel 1889 il giorno 1º maggio come la Festa Internazionale dei Lavoratori; fu spesso una giornata di manifestazioni e di repressioni luttuose; molti paesi nel mondo la adottarono come festività ufficiale.
Il fascismo vietò la celebrazione del 1° maggio. Essendo stato riaffermato nel 1945 e approvata la Costituzione “fondata sul lavoro”, la chiesa cattolica cercò di svuotarlo del suo significato di lotta e liberazione, dichiarandolo dal 1955 festa di San Giuseppe lavoratore.
Anche il governo Meloni, non potendo eliminare le celebrazioni del 25 aprile e del 1° maggio, cerca di svuotarle del loro significato, ma queste ricorrenze restano attualissime per molti. D’altra parte la nostra Costituzione non è fondata sul lavoro servile, né sul precariato, ma sul lavoro dignitoso, principale misura di tutti i diritti civili, politici e sociali.
Vedi anche:
Laicità, welfare universalistico e centralità del lavoro avanzano (o arretrano) insieme (28 Aprile 2021)
Nuove schiavitù, il caporalato è solo la punta di un iceberg (1 giugno 2020)
Intersezionalità: disuguaglianze, discriminazioni, oppressioni (12 Agosto 2018)