La stilista Elisabetta Franchi e la ministra Elena Bonetti sono riuscite a descrivere bene in poche frasi il pessimo stato della laicità e dei diritti delle giovani lavoratrici italiane.
Imprenditrice dell’anno 2021, cavaliere della Repubblica, il 7 maggio 2022 Elisabetta Franchi ha parlato da “imprenditore” spiegando che fare figli è un “dovere” delle donne, ma che lei discrimina le giovani assumendo le “anta” per evitare i congedi per maternità e per averle in azienda “h24”.
Era presente la cattolica ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti (Italia Viva) che non ha detto nulla. Poi, dopo tante reazioni sui media, ha finalmente concesso un’intervista sottolineando non la discriminazione delle giovani donne ma la carenza di sostegni per le imprese: “Bisogna mettere le imprese italiane nelle condizioni di non dover più pronunciare un discorso come quello di Elisabetta Franchi. Una resa alla discriminazione delle donne nel mondo del lavoro. Non è vero che ho taciuto, non ho commentato ma ho dato risposte concrete, così come dovrebbe sempre fare chi ha un ruolo di governo”.
Bonetti non ha detto nulla sul “dovere” di fare figli, né che in Italia (diversamente dall’Afganistan dei talebani) le discriminazioni sul lavoro sono illegali, né che esiste un codice delle pari opportunità aggiornato recentemente proprio dal suo ministero.
La ministra del “fare” ha magnificato il Family Act ma ha taciuto sui figli scaricati sui nonni per carenza di asili nido, sulle retribuzioni delle donne con figli più basse di quelle senza (e “ovviamente” dei lavoratori maschi), sul part-time involontario a cui sono obbligate moltissime lavoratrici, sulla bassa quota di occupazione femminile (in particolare al sud), sulla disoccupazione giovanile oltre il 25%, ecc. ecc.
L’Italia, anche in confronto agli altri Paesi europei, è agli ultimi posti per investimenti e retribuzioni; altrove si investe almeno un po’ sulla qualità del lavoro, anche femminile, non solo sull’aumento dell’orario e sulla riduzione dei diritti.
L’imprenditore Elisabetta Franchi ci ha spiegato “sinceramente”, considerandolo normale, che in Italia un’impresa di successo pretende una presenza h24, cioè di soddisfare innanzi tutto il desiderio di controllo del “dirigente” perché è accertato che un orario molto lungo non aumenta l’efficienza del lavoro.
La famiglia deve farsi carico dei “doveri” delle donne, come nella tradizione delle “radici cristiane” di un’Italia poco laica. Per Elisabetta Franchi l’impresa deve essere libera da questi lacciuoli, soprattutto dai diritti delle giovani lavoratrici o aspiranti tali.
E la ministra Bonetti prima ha taciuto poi, sostanzialmente, ha giustificato le discriminazioni.