Il gran cancelliere dell’Istituto teologico per le scienze del matrimonio e della famiglia, e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, accusa allusivamente e strumentalmente il movimento referendario per l’eutanasia legale di sostenere politiche eugenetiche razziste e naziste.
L’eugenetica è un insieme di teorie e pratiche finalizzate a “migliorare” la presunta superiorità genetica di una popolazione, impedendo la riproduzione di “razze inferiori” e di individui con disabilità; nacque nel Regno Unito all’inizio del secolo scorso e si diffuse in molti paesi; i nazisti l’applicarono nella sua forma più estrema, non soltanto vietando i matrimoni interrazziali, ma eliminando attivamente gli Untermensch (i subumani non ariani e i disabili).
L’arcivescovo Vincenzo Paglia insinua un’associazione tra eutanasia e eugenetica nazista; lo fa strumentalmente e solo allusivamente, per ipocrisia e anche perché il nazismo (analogamente al fascismo italiano) si insediò al potere grazie al voto dei cattolici, si consolidò con il Concordato del 1933 (analogo ai Patti Lateranensi del 1929) e il Vaticano tenne un atteggiamento quanto meno ambiguo sull’antisemitismo. È vero che il vescovo di Münster Clemens August von Galen intervenne contro l’eliminazione fisica dei disabili mentali, ma ancora nel gennaio 1945 l’arcivescovo Jäger incitava alla lotta su due fronti, contro il liberalismo e l’individualismo da una parte e il collettivismo dall’altra.
A parte le ipocrite “debolezze” della memoria storica, la critica cattolica all’eugenetica si basa sull’esaltazione del valore salvifico della sofferenza, che ci siamo meritati per il peccato originale. Wojtyla nella lettera pastorale Salvifici doloris ha scritto: “La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella Croce di Cristo, è tenuta a cercare l’incontro con l’uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza” (tradotto in linguaggio corrente: la chiesa vive sulle sfighe umane).
È questa la vera preoccupazione dell’arcivescovo Paglia e della chiesa cattolica: che l’umanità voglia smettere di assoggettarsi a un principio metafisico (e ai suoi fisici presunti interpreti) e pretenda di autodeterminarsi, decidendo liberamente della propria vita, anche di come terminarla. È evidente che il movimento referendario si propone di aggiungere una libertà, una possibilità per chi la sceglie liberamente, senza imporla a nessuno: se l’iniziativa referendaria avrà successo, il cattolico che crede nel valore salvifico della sofferenza potrà, se lo vorrà, anche continuare a indossare il cilicio.
Meno di un anno fa, la Congregazione vaticana per la dottrina della fede (ex Sant’Uffizio) aveva qualificato chi sostiene l’autodeterminazione nel fine-vita con il termine “criminale” (che è politico, non solo con il religioso “peccatore”): un’ennesima ferita alla laicità dello Stato italiano.
Avvenne (vedi il nostro commento Laicità senza Speranza) poco dopo la nomina di Sua Eccellenza Reverendissima Vincenzo Paglia a capo della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana” decisa dal ministro Roberto Speranza.
Per celebrare le salvifiche sofferenze degli anziani? sofferenze “garantite” dalla sussidiarietà e dalla sanità convenzionata?