Ne abbiamo discusso più volte: la secolarizzazione procede, anche se in modo non lineare, ma vale la pena osservare anche alcune conseguenze pratiche che ricadono sui preti, che esprimono anche pubblicamente il loro disagio.

Il diritto canonico non ammette il sindacato ma, al di là della forma, circolano piattaforme rivendicative con cui i preti chiedono alla loro “Confindustria” Episcopale Italiana (CEI) di lavorare meno e meglio, lanciando slogan tipo “Tante chiese, forse troppe”, perché c’è una “crescente sproporzione tra preti in servizio pastorale e numero di parrocchie/chiese/edifici da gestire”, tanto più – aggiungono – che il carico di lavoro “è vieppiù aggravato dalla dilagante burocratizzazione dei percorsi gestionali e amministrativi civili e anche ecclesiastici”.

Quindi rivendicano di unire più parrocchie, per snellire la burocrazia, e supportarle anche economicamente: “il minor numero di preti da sostentare ha la conseguenza di liberare un certo quantitativo di risorse economiche” – fanno notare – che però la Confindustria Episcopale tiene solo per sé, non rinnovando gli accordi con la base del clero.

L’analisi è spietata ma realistica: in futuro le cose non miglioreranno perché “gli edifici sacri poco frequentati e a rischio di inagibilità aumenteranno, in parallelo al calo numerico del clero […] tendenzialmente più inadatti ad assumere impegni gestionali e finanziari sempre più pesanti: preti stranieri con sensibilità e conoscenze/competenze diverse dalle nostre, preti giovani non sempre propensi alla gestione amministrativa tradizionale…”.

Citando papa Bergoglio ricordano che “abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini” e propongono di chiudere le chiese dove manca un minimo di fedeli che partecipano. Se non c’è un vincolo storico/artistico si possono destinare a usi diversi, “in casi estremi, come già avviene in alcuni paesi del Nord Europa, prevedere l’abbattimento di edifici di culto destinando l’area liberata a usi di pubblica utilità (parcheggi, parchi giochi…)”.

Richieste ragionevoli, ma il Presidente Bonomi, ops scusate Bassetti, non vuole accettarle.