1. Come è noto, per indire un referendum abrogativo bisogna depositare il quesito e raccogliere almeno 500 mila firme certificate; ne abbiamo raccolte tantissime, con una straordinaria adesione dei cittadini, nonostante il tentativo di boicottaggio delle gerarchie ecclesiastiche.

2. Bisogna poi depositarle nella cancelleria dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione entro il 30 settembre di ciascun anno, e comunque non nell’anno anteriore alla scadenza delle Camere; l’Ufficio controlla numero e correttezza della raccolta. Sono state depositare l’8 ottobre oltre un milione di firme (per l’esattezza 1.239.423), quindi l’esito positivo è scontato.

3. Poi la la Corte costituzionale deve verificare “se le richieste di referendum abrogativo presentate a norma dell’art. 75 Cost. siano ammissibili ai sensi del secondo comma dell’articolo stesso” (cfr. art. 2 l. cost. 1/1953). In questo caso l’esito è meno scontato perché la corte potrebbe valutare, per esempio, che l’abrogazione determinerebbe un vuoto legislativo. Se giudicata ammissibile la richiesta referendaria passa al Presidente della Repubblica, che indirà il referendum in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.

4. Lo svolgimento del referendum potrebbe essere bloccato anche dall’approvazione di una legge in materia, purché si esprima nello stesso senso del quesito referendario. La raccolta di firme ha smosso un po’ il Parlamento: il 6 luglio 2021 la Commissione Giustizia e Affari Sociali della Camera dei Deputati ha approvato il (timido) testo base della proposta di legge contenente disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita e cioè di eutanasia; tale norma dovrebbe colmare il vuoto creatasi (sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale) con la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 579 del Codice Penale.

5. Per essere approvato il quesito deve raccogliere la maggioranza dei consensi da parte della maggioranza degli aventi diritto al voto. Questo passaggio è particolarmente problematico perché chi è contrario al quesito di solito non promuove il NO ma la non partecipazione al voto, per impedire il raggiungimento del quorum. Il successo della raccolta di firme, anche per il referendum parallelo sulla cannabis cui abbiamo contribuito, fa ben sperare; comunque la mobilitazione deve continuare fino al giorno del voto.

6. Se il referendum venisse approvato l’eutanasia attiva sarà consentita (tranne per minori e incapaci o se estorta) nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, in presenza dei requisiti introdotti dalla sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”.
Forme di eutanasia passiva o omissiva (per evitare l’accanimento terapeutico), astenendosi dall’intervenire per mantenere in vita il paziente sofferente, sono già considerate penalmente lecite.

7. L’opposizione del clero è scontata, stanno già preparandosi a una “obiezione di coscienza” analoga a quella antiabortista. Stupisce invece qualche obiezione del mondo laico che paventa, nel caso di successo dell’iniziativa referendaria, una strage di nonnette uccise dai nipoti per ereditare l’appartamento. È difficile obiettare a “preoccupazioni” così assurde e infondate: la critica migliore è proseguire con la mobilitazione per il successo del referendum.

Il Consiglio Direttivo di ArciAtea APS
9/10/21