Dopo l’uccisione del cittadino afroamericano George Floyd è nata negli Stati Uniti un’onda di protesta antirazzista che si è diffusa anche in altri paesi. Durante le proteste sono anche state abbattute o danneggiate statue che rappresentano personaggi considerati razzisti o colonialisti.

Da noi si è molto discusso sui media della statua di Indro Montanelli, che è stata imbrattata per ricordare l’episodio dell’acquisto di una dodicenne etiope, Destà, che – dopo essere stata “scucita” visto che era stata infibulata – venne usata da Montanelli per le sue esigenze sessuali e per ricevere la biancheria pulita, questo nel 1936, mentre combatteva la guerra coloniale fascista in Abissinia.

Il dibattito che si è aperto ha visto autorevoli giornalisti sostenere che non si devono isolare singoli avvenimenti e che si deve contestualizzare.
Però i monumenti, la toponomastica, le festività, le celebrazioni, non sono la storia; hanno a che fare con il passato ma esprimono soprattutto un’idea di futuro e quindi una memoria che può essere condivisa o contesa.

I monumenti e le celebrazioni rappresentano «rapporti di potere, logiche di controllo sociale, strategie identitarie, progetti di egemonia politica: impossibile separare le politiche della memoria dalla politica in generale […] la memoria non è fedele trascrizione del passato, ma sua continua lettura e interpretazione, può anche succedere che le memorie siano riscritte e la tradizione inventata» (da Paesaggi della memoria di Patrizia Violi).

ArciAtea è una associazione di promozione sociale che si occupa di laicità, diritti e razionalismo scientifico, quindi è interessata a criticare la “sacralità” dei monumenti, a sostenere i diritti con logica intersezionale, ad analizzare questi eventi non da tifosi ma con la razionalità della scienza.

Non ci domandiamo se una statua – di Montanelli o di chiunque altro – deve essere abbattuta, se è meglio trasferirla in un museo, se bisogna aggiungervi una descrizione, o bilanciarne l’immagine con un’altra di segno diverso. Vogliamo chiederci cosa ci dice oggi un monumento, e quale domani ci propone. Vogliamo capirne il significato.

Chi può farlo meglio di Patrizia Violi e Mario Panico?

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Mario Panico ha un dottorato in Semiotica. È membro del centro di ricerca “Trame – Centro di Studi Semiotici sulle Memorie Culturali” dell’Università di Bologna e si occupa di memorie nostalgiche, monumenti e pratiche urbane. La sua ultima ricerca ha interessato il rapporto tra nostalgia e spazio urbano, con un focus su Predappio, paese natale di Benito Mussolini.

Patrizia Violi è professore ordinario di Semiotica presso l’Università di Bologna; ha diretto il Centro Internazionale di Studi Umanistici Umberto Eco e il Centro TRAME dell’Università di Bologna.
Coordinatrice di due progetti europei sui temi della memoria e degli spazi memoriali: Memosur – Lesson for Europe: Memory, Trauma and Reconciliation in Chile and Argentina 2014-2017 e SPEME – Questioning Traumatic Heritage. Spaces of Memory in Europe, Argentina, Colombia ancora in corso. Su questi temi ha pubblicato il volume Paesaggi della memoria. Il trauma, lo spazio, la storia, Bompiani 2014, tratto in inglese per Peter Lang.