L’incontro si è tenuto alla Casa della Cultura, in presenza e in streaming, sono intervenuti:
Enzo Pace, sociologo delle religioni dell’Università di Padova, autore di numerosi saggi tra cui Sociologia delle religioni, EDB 2016, presidente del Gruppo nazionale di lavoro per la stanza del silenzio e/o dei culti;
Emanuele Campagna, del Centro Evangelico di Cultura di Sondrio;
Claudiléia Lemes Dias, ricercatrice e autrice di Le catene del Brasile, un Paese ostaggio delle religioni, L’Asino d’Oro 2022;
ha coordinato Giancarlo Straini, di ArciAtea APS.
Vedi il video dell’evento sul canale YouTube di ArciAtea (vedi anche le playlist del canale).
Scarica la locandina in pdf dell’incontro.
Questo evento, organizzato dal Gruppo nazionale di lavoro per la stanza del silenzio e/o dei culti e da ArciAtea rete per la laicità APS, è incluso nel MILANO PRIDE WEEK, in preparazione del Milano Pride Parade del 2 luglio 2022.
[dall’introduzione di Giancarlo Straini]
Stasera parleremo di religione e politica. Il tema è vastissimo e noi ci limiteremo a esaminarne alcuni aspetti, insieme al prof. Enzo Pace, sociologo delle religioni dell’Università di Padova, autore di numerosi e autorevolissimi saggi, presidente del gruppo nazionale per la stanza del silenzio. Con lui anche Emanuele Campagna, del Centro Evangelico di Cultura di Sondrio, e Claudiléia Lemes Dias, autrice di Le catene del Brasile, un Paese ostaggio delle religioni.
Partiremo dal libro di Claudiléia, che esamina il rapporto politica-religioni nel Brasile che si appresta a scegliere il nuovo presidente tra Lula e Bolsonaro. Si voterà in autunno e i sondaggi dichiarano favorito Lula, anche a seguito della disastrosa gestione della pandemia fatta da Bolsonaro. Ci concentreremo su alcuni aspetti, caratteristici del Brasile, ma che hanno anche una portata più generale: mi riferisco alla presenza – qualitativa e quantitativa – delle religioni nelle istituzioni, sulla scena politica e sui media.
In Brasile assistiamo a una presenza significativa di telepredicatori, (neopentecostali e non solo) che usano tecniche di comunicazione “alla Wanna Marchi”, per chi si ricorda di questa aggressiva televenditrice, popolarissima negli anni ‘80 e ‘90 prima di finire condannata per truffa. In Brasile, negli strati popolari più poveri e meno istruiti, è diffusa la cosiddetta Teologia della prosperità. Detto molto schematicamente, la teologia della prosperità consiste nell’affermare che dio è ricco e potente, e che – se ci si affida alla divinità (e alla chiesa), con devozione e donazioni – si otterrà ricchezza e potere. Poi, se ciò non avviene, la colpa è del fedele che è stato poco devoto e che ha donato alla chiesa troppo poco.
Nella teologia della prosperità si possono riscontrare analogie con le ludopatie sviluppate da chi è socialmente privo di fiducia nel proprio futuro e affida la propria speranza a una scommessa, con il sacro, o con il gioco del lotto. Si possono riscontrare anche analogie con i fenomeni di victim blaming, di colpevolizzazione delle vittime, per cui se si è poveri e si abita in una favela, non è per ragioni politiche e ingiustizie sociali, ma perché non si è pregato e donato abbastanza. Insomma, chi è e resta povero, un po’ se l’è cercata.
La teologia della prosperità, detto sempre molto schematicamente, si afferma anche perché viene alimentata, culturalmente e finanziariamente, dagli Stati Uniti. Le ricerche (per esempio quella di Garelli) ci dicono che in Italia aumentano gli atei e gli agnostici e – aspetto ancora più significativo – che, tra chi ancora si dichiara cattolico, diminuiscono coloro che partecipano ai riti e vivono la religione come totalità. Cioè aumenta l’appartenenza senza credenza, la religione a bassa intensità, che varie chiese cercano di compensare con una maggiore presenza sulla scena politica e mediatica; e che spinge alcune minoranze a radicalizzarsi.
Negli Stati Uniti, il fenomeno della radicalizzazione e della presenza in politica è particolarmente forte, come abbiamo potuto vedere nella vicenda Trump. In Europa abbiamo Paesi che hanno ancora una religione nazionale, o che hanno smesso da poco di averla, ma sono Paesi sostanzialmente molto laici. Negli Stati Uniti invece c’è una netta separazione formale tra Stato e chiese, ma una scarsa laicità sostanziale, che sta intaccando anche diritti civili quale l’autodeterminazione delle donne per l’aborto.
Ogni anno, a febbraio, dal 1953, si tiene il National Prayer Breakfast, una colazione di preghiera a cui partecipano oltre 3000 invitati, facenti parte dell’élite americana e di molti altri paesi. Non è mai mancato nessun presidente, democratico o repubblicano che fosse. A quello del 2020 è stata invitata anche Giorgia Meloni. Molte di queste chiese hanno sostenuto Donald Trump, che ne ha favorito la diffusione in America Latina e in Africa.
La teologia della prosperità si afferma in Brasile anche perché viene vista come un veicolo dello stile di vita statunitense, dell’American Dream, e soprattutto perché Bolsonaro ha concesso loro incarichi politici, concessioni radiotelevisive e privilegi fiscali, in cambio dei voti. Ma Bolsonaro non è stato il primo e non sarà l’ultimo.
Anche Lula e Dilma Rousseff hanno offerto concessioni per avere voti, ai pentecostali e ai cattolici che li inseguono, spesso con metodi simili. Da ormai molti anni si è innescata una spirale per cui «il proselitismo religioso si è mescolato alla propaganda elettorale in modo tale da rendere impossibile distinguere cosa sia religione e cosa politica». Lula si presenterà alle elezioni candidando a vicepresidente Geraldo Alckmin, un cattolico dell’Opus Dei, della destra liberale. Politica e religione sembrano essere proprio inestricabili.